La storia dell'Antica Cappella
Un luogo antico che racconta momenti di fede e tradizioni legate alla transumanza e alla vita rurale molisana.
Antica Cappella di San Nicola in Colle d’Anchise (CB)
Se ci si allontana di pochi chilometri dal centro abitato di Colle d’Anchise, seguendo una strada che si insinua tra campi e querceti, si arriva a una piccola altura che domina il paesaggio circostante. È qui che, quasi all’improvviso, compare la sagoma sobria dell’Antica Cappella di San Nicola: un edificio semplice, rurale, ma capace di concentrare in pochi metri di pietra secoli di fede, di transumanza e di storia silenziosa.
La cappella è realizzata in muratura di pietra calcarea, legata con malta pozzolanica e cocci di mattone pieno. L’asse dell’edificio è orientato a circa 30° nord–nord-est, leggermente ruotato rispetto alla direttrice nord–sud, come spesso accade per gli edifici religiosi che si adattano al terreno ma cercano comunque un “allineamento” simbolico con il cielo.
L’anno di costruzione è tutt’oggi avvolto nel mistero: non esistono documenti che ne datino l’origine con precisione. Gli indizi arrivano dall’architettura – una chiesa ad aula unica centrale – dalla posizione, una piccola prominenza nei pressi dell’antica località “Coll’Alto”, e dal culto a cui è dedicata, San Nicola. Tutti elementi che suggeriscono una fondazione almeno altomedievale, forse già intorno al IX secolo, lungo uno dei percorsi legati alla grande storia della transumanza.
Furono infatti i pastori transumanti, che ogni anno muovevano greggi e famiglie lungo i tratturi tra Abruzzo, Molise, Daunia e Tavoliere pugliese, a diffondere con forza il culto di San Nicola e di San Michele. Assieme agli animali, lungo queste “autostrade verdi” viaggiavano canti, devozioni, immagini sacre, piccoli ex voto. E proprio i due santi – San Nicola, protettore dei poveri e dei viandanti, e San Michele, guerriero celeste e difensore dai pericoli – divennero le figure tutelares di chi viveva per mesi in cammino.
Quando si entra nella cappella di San Nicola, l’occhio percepisce subito un senso di equilibrio difficile da spiegare a parole. Lo spazio non è grande, ma appare “giusto”, armonico, come se ogni misura fosse stata pensata per accogliere e proteggere.
I rilievi effettuati confermano questa impressione: all’esterno l’edificio misura circa 8,20 metri di larghezza per 11,15 metri di lunghezza; all’interno le misure dell’aula sono 7 metri in larghezza e 10 metri in lunghezza. Il rapporto tra lunghezza e larghezza interne è quindi 10 a 7, pari a circa 1,40.
Questo valore richiama da vicino un rapporto sorprendente che si incontra nelle pagine dell’Antico Testamento, là dove si descrive il Tabernacolo, la “Dimora” di Dio nel deserto. Nel libro dell’Esodo si racconta che la copertura del santuario mobile doveva essere formata da dieci grandi teli di lino finissimo, blu, porpora e scarlatto, ricamati con cherubini. Ogni telo misurava ventotto cubiti di lunghezza e quattro cubiti di larghezza; i teli venivano poi uniti in due gruppi e collegati tra loro, formando una grande cortina complessiva di quaranta cubiti per ventotto.
Se traduciamo questi numeri in un rapporto, otteniamo ancora una volta 40 a 28, cioè circa 1,42: praticamente lo stesso valore che ritroviamo nella nostra cappella (10 a 7, circa 1,40). La tenda che custodiva l’Arca dell’Alleanza – il Sancta Sanctorum – era dunque definita da una proporzione simile a quella che ritroviamo qui, in questo piccolo edificio rurale molisano.
San Girolamo, traducendo il termine ebraico mishkan (“dimora”) nella Vulgata con tabernaculum, ha fissato per secoli l’immagine del Tabernacolo come luogo di incontro tra Dio e il popolo. È impossibile dire se il costruttore della cappella di San Nicola avesse in mente consapevolmente queste proporzioni bibliche. Non abbiamo documenti, né trattati, né disegni che lo attestino. Ma è suggestivo pensare che, attraverso la tradizione orale dei maestri muratori, certe “misure buone” abbiano continuato a circolare nei secoli.
Il rapporto 10 a 7 mette insieme due numeri carichi di significato simbolico: il sette, numero della compiutezza (i giorni della creazione, i doni dello Spirito, i sacramenti), e il dieci, numero della pienezza della Legge (i dieci comandamenti). Nella cappella di San Nicola questi numeri non sono scritti su un affresco o su una lapide, ma incarnati nello spazio stesso: chi entra si trova letteralmente dentro una proporzione che richiama, anche solo per analogia, la “Dimora” biblica.
In un certo senso, la piccola pieve molisana ripropone, in scala ridotta e rurale, l’idea di una tenda sacra che accompagna il popolo in cammino. E chi erano, se non un “popolo in cammino”, i pastori della transumanza?
Se idealmente ci alziamo sopra la mappa del Molise, tra montagne, colline e vallate vedremmo disegnarsi una fitta rete di tratturi, gli antichi percorsi erbosi della transumanza. Lungo questi corridoi verdi, come piccole luci nel paesaggio, si incontrano numerose cappelle e chiese rurali dedicate proprio a San Nicola e San Michele, i due santi più cari ai pastori.
Accanto alla Cappella di San Nicola di Colle d’Anchise, immersa in una radura a ovest del paese, si possono ricordare, ad esempio, la cappella di San Nicola a Tavenna, affacciata sui pendii che scendono verso il Trigno, costruita a fine Ottocento, o le cappelle dedicate a San Michele presso Macchia Valfortore e Castropignano, poste lungo percorsi che ricalcano antiche vie pastorali. Sono edifici semplici, spesso a navata unica, in pietra, con copertura a capanna e piccoli campanili a vela: piccoli “fari sacri” pensati per dare ai pastori luoghi di sosta, di preghiera e di protezione.
In molte feste locali le celebrazioni religiose coincidevano con i momenti cruciali del viaggio – la partenza, l’arrivo ai pascoli invernali, il ritorno – e spesso prevedevano benedizioni del bestiame, processioni fino alle cappelle, pranzi comunitari sotto grandi querce o all’ombra dei muretti a secco. In questo quadro più ampio, la Cappella di San Nicola di Colle d’Anchise non è un episodio isolato, ma uno degli anelli di una catena sacra che attraversa il Molise e lo collega alle regioni vicine.
Prima degli interventi di restauro, la cappella appariva come molti edifici rurali antichi: dignitosa ma stanca. Le murature in pietra, con inserti di mattone pieno, spesse circa 70 centimetri, reggevano un’unica aula con ingresso frontale. Il portale squadrato in pietra era sormontato da una nicchia con l’effigie del santo; sopra, un semplice timpano incorniciato da una fila di coppi concludeva la facciata.
La copertura, ormai vetusta e ammalorata, era composta da capriate lignee, arcarecci e tavolato, coperti da coppi in laterizio. L’interno, completamente intonacato, presentava due finestre laterali protette da inferriate in ferro battuto. Nessuna traccia di volte o di antichi controsoffitti: solo segni di rimaneggiamenti novecenteschi, come la pavimentazione in granigliato cementizio, più adatta a una casa che a una cappella.
Gli interventi recenti hanno avuto un duplice obiettivo: salvare la struttura e restituire dignità liturgica e paesaggistica all’edificio. È stata rimossa la vecchia copertura – tegole, tavolato e finte capriate – e predisposti nuovi alloggiamenti per capriate lignee in castagno, più robuste e durature. Sopra il nuovo tavolato è stato posato un sistema di impermeabilizzazione e, infine, sono stati rimessi coppi “anticati” in sostituzione delle tegole marsigliesi degli anni Settanta e Ottanta.
All’interno, il pavimento in granigliato cementizio ha lasciato il posto a una pavimentazione in pietra calcarea locale, più coerente con il carattere rurale della cappella. Le pareti sono state reintonacate e ritinteggiate; un nuovo impianto di illuminazione valorizza oggi l’aula e l’altare.
All’esterno è stato creato un camminamento perimetrale, che facilita l’accesso e la fruizione durante le celebrazioni. L’installazione di webcam consente di ammirare la cappella anche a distanza, mentre nuove panche, sedute e giochi per i più piccoli hanno trasformato l’area circostante in un piccolo spazio di incontro per la comunità.
Totem informativi e un sito web dedicato completano l’opera, raccontando la storia della cappella e del suo recupero, e inserendola in un circuito più ampio di valorizzazione del paesaggio storico e della memoria della transumanza.






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